sabato 14 giugno 2008

La piaga della società #1

Buongiorno, eccomi qui ad inaugurare il blog con un post vero e proprio, non di presentazione come il precedente.

Tra i commenti al post su Rocca ed i suoi insulti, è scaturita una discussione (molto piccola, visto che poi nessuno ha voluto dire di più) sull'editoria a pagamento.

Attenzione: Ciò che troverete qui sotto è una mia libera interpretazione del fenomeno Casa Editrice A Pagamento. Non sono cose assolute ed immutabili, anzi, ben venga chi riesce a farmi cambiare idea; queste sono solo opinioni del tutto personali.

Riporto ciò che ho detto sulla suddetta e spiegherò il perché di tanta convinzione.

Chi pubblica a pagamento non può essere considerato un autore perché o è stato respinto anche dalle case editrici che adesso pubblicano chiunque o vuole gridare al mondo "Ehi, ho pubblicato anch'io!", solo per darsi importanza. Chi pubblica a pagamento non può essere considerato autore perché non ha avuto la possibilità di percorrere una strada tortuosa per arrivare dove è arrivato. Chi pubblica a pagamento non può essere considerato autore perché non ha talento.

Sono convinta di ciò che ho detto, soprattutto dell'ultima frase. È vero, ormai le case editrici normali pubblicano chiunque (Troisi, Moccia&co. ne sono degli esempi), le case editrici a pagamento, tuttavia, sono ancora peggio delle altre, perché non offrono nulla a chi pubblica con loro, in quanto fanno solo il proprio interesse e vige la regola Più pubblico, più guadagno.
Nella loro logica non è un ragionamento tanto sbagliato, fanno un lavoro sporco – sembra quasi la mafia –, ma lo fanno con stile, anche se pubblicano chiunque mandi loro un manoscritto.
Questo è l'esempio del signor Rocca: persona senza il minimo talento per la scrittura, che si crede un dio solo perché ha pubblicato e l'ha fatto con una casa editrice a pagamento. Tre peccati in una volta sola.
Ma torniamo al mio intervento e analizziamo punto per punto:

Chi pubblica a pagamento non può essere considerato un autore perché o è stato respinto anche dalle case editrici che adesso pubblicano chiunque o vuole gridare al mondo "Ehi, ho pubblicato anch'io!", solo per darsi importanza.

Come ho già affermato, le case editrici ormai pubblicano chiunque e non sarebbe materialmente possibile che qualcuno venga respinto. Nell'eventualità in cui succeda proprio questo, ecco che spunta fuori l'idea della casa editrice a pagamento che ti dà quello che vuoi, come lo vuoi, al prezzo che vuole lei. Tipico esempio di furto legalizzato.
Un autore respinto e che smania di vedere la sua opera in libreria non potrà far altro che sganciare soldi per questo intento, anche se l'opera in questione sarà mille volte più scadente di qualsiasi altra pubblicata da una casa editrice normale.
Il servizio di editing che dovrebbe essere eccellente nelle più grandi case editrici, in quelle a pagamento non c'è, è inesistente, anche se sul contratto che vi fanno firmare c'è scritto che sottopongono l'opera ad editing, non è così. L'opera come la mandate voi, così viene stampata, errori di battitura, di ortografia, tempi verbali scombinati, ecc. rimangono tali e quali.

Attenzione: Ci sono anche case editrici a pagamento più serie e sottopongono il manoscritto ad editing, ma sono talmente rare che un esordiente che non sa un tubo non le scoverà mai, sono ben nascoste. Qui, tuttavia (e per fortuna), non si vuole fare di tutta l'erba un fascio.

Chi pubblica a pagamento non può essere considerato autore perché non ha avuto la possibilità di percorrere una strada tortuosa per arrivare dove è arrivato.

Vero anche questo. La pubblicazione a pagamento non offre la cosiddetta gavetta ad un esordiente, ma offre (scusate la ripetizione) una scorciatoia bella e buona per non ricevere ulteriori rifiuti da coloro che potrebbero avere tra le mani il manoscritto.
È un po' come la ragazza che vuole fare carriera in poco e va a letto con chiunque le garantisca fama e notorietà.

Chi pubblica a pagamento non può essere considerato autore perché non ha talento.

In questo credo fermamente, se uno ha talento ed anche il più deficiente lo capisce, deve essere pubblicato da una casa editrice non a pagamento. È un suo diritto ed è un dovere della casa editrice farlo conoscere al mondo per quello che è: una persona di talento.
Chi pubblica a pagamento, evidentemente, le ha provate tutte e gli hanno sempre detto che non aveva talento. Anche le case editrici non a pagamento possono sbagliare e, visti i "successi" degli ultimi tempi, toppano alla grande.
Nessuno è perfetto.

Ci sono poi le eccezioni. Naturalmente la casa editrice a pagamento è conveniente in alcuni casi:

  • Si vuole vedere la propria opera pubblicata in poco per fare un regalo a qualcuno che ci sta particolarmente a cuore;
  • Si vuole vedere l'opera sotto una luce diversa, con copertina e quant'altro renda il manoscritto presentabile;
  • Si possono avere più copie da distribuire nelle case editrici più grandi (non a pagamento) per far conoscere l'opera*.
* so di gente che ha fatto questo, ma non chiedetemi com'era il contratto stipulato, perché la vedo leggermente dura nei casi normali di editoria a pagamento: la paternità dell'opera è dell'autore, ma di fatto non potrebbe pubblicare con altre case editrici. Naturalmente se questa mia convinzione è sbagliata, ne prendo atto e correggerò.

Come in tutte le cose ci sono i pro ed i contro, ma la mia convinzione resta sempre quella dell'ultima frase: Chi pubblica a pagamento non può essere considerato autore perché non ha talento.

Naturlamente ognuno è libero di pensarla come vuole e se vuole dire la sua – esperienza o meno – è liberissimo di farlo. Siamo qui anche per parlare e discutere su questo.

10 commenti:

Lilith ha detto...

Concordo in tutto e per tutto con quello che hai detto...
Seguivo già da un po' Controcorrente, e devo dire che non dite mai nulla di stupido e che siete davvero delle persone serie che sanno ciò di cui parlano! Complimenti!

Sandy85 ha detto...

Grazie lilith, sono contenta che tu abbia sempre seguito Controcorrente e che ti trovi d'accordo con me sul post in questione^^

Gamberetta ha detto...

Avevo parlato anch’io delle case editrici a pagamento qualche tempo fa.
In generale sono d’accordo, tra l’altro qualche anno fa avrebbe avuto un senso, ma al giorno d’oggi se ti affidi al print-on-demand (stile Lulu) non spendi niente e ottieni lo stesso di una casa editrice a pagamento. Perciò non solo l’autore che si rivolge a certi editori è scarso di talento, ma non è neanche tanto furbo.
Il problema è anche che gente come “Il Filo” (una delle più grosse case editrici a pagamento d’Italia, pubblicano centinaia di libri l’anno), può fare pubblicità sulle prima pagine de La Repubblica e del Corriere della Sera, convincendo gli ingenui che pagare sia l’unica maniera di pubblicare.

Per quanto riguarda l’editing, io non conosco nessuna casa editrice a pagamento che lo faccia. A questo punto conviene risparmiare i soldi e se proprio si vuole rivolgersi a un’agenzia letteraria (stando ben attenti però, perché anche qui i truffatori abbondano).

Sandy85 ha detto...

Ciao Gamberetta^^ Non avevo notato il tuo articolo a riguardo e adesso me lo leggerò con attenzione^^

Per quanto riguarda l’editing, io non conosco nessuna casa editrice a pagamento che lo faccia.
Io ricordo di averne sentito parlare non so dove, ma di sicuro sarà una cosa più unica che rara e/o che avranno abolito anche in quelle che avevano il servizio editing.
Comunque non si sa mai che ci sia il miracolo XD (anche se in certi casi l'editing è inesistente anche nelle case editrici normali)

mokonamodoki1 ha detto...

Le tue argomentazioni, Sandy, mi lasciano piuttosto perplessa: chi ha mai detto che coloro che pubblicano a pagamento lo fanno perché non hanno talento? Va beh, nel caso di Rocca è palese, ma per altri potrebbe non essere così. Secondo te, Sandy, le case editrici sono davvero disposte a pubblicare a fondo perduto, a, probabilmente, perdere dei soldi per chiunque voglia scrivere un libro? E' assolutamente impensabile, a meno che l'editore non sia Berlusconi e possa permettersi di spendere quanti soldi vuole e di perderne altrettanti!
E, dopo una piccola ricerca, ho visto case editrici che pubblicano senza un contributo spese (o almeno così dicono loro) da parte degli autori. Ma la domanda che mi sono posta io è: come campano?
Sicuramente, una qualche percentuale sui proventi la vogliono, non è possibile che si accontentino dell'aria.. non mi sento così ingenua: non crederò mai che una casa editrice (che è un'azienda come un'altra) faccia qualcosa solo per farla, a meno che non mi portiate un esempio concreto, un contratto con tutte le sue postille. E allora sarò anche disposta a ricredermi.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa ha scritto il Gattopardo, romanzo portato a una casa editrice e buttato via, con un commento tutt'altro che positivo. La sentenza fu: non avrebbe mai fatto successo. Al contrario, è stato pubblicato postumo e il successo l'ha avuto eccome.
Ma un romanzo, poi, pubblicato a pagamento oppure no, deve avere la sua pubblicità (Christopher Paolini, forse, ha buttato Eragon in libreria e non ci ha pensato più?) e deve essere l'autore a farla, non la casa editrice, a meno che l'editore, guardando lo scritto, non ne rimanga folgorato e decida di investire capitali sullo scrittore e faccia tutto a spese sue. Ma è un caso più unico che raro!
Quanti libri avrà pubblicato Moccia, prima di diventar famoso (non sto difendendolo, mi fa vomitare)? E la Troisi? O qualsiasi altro scrittore, prima di arrivare in alto?
Una casa editrice pubblica a spese sue solo nel momento in cui l'autore è famoso e sa di poter vendere, di poter far rientrare in saccoccia quei soldi che ha speso.
Perché nessun dilettante pubblica con la Mondadori, con la Salani, con la Bompiani, case editrici "famose"? Perché costano troppo! E l'autore si accontenta di una perfetta sconosciuta, i cui prezzi sono accessibili per le sue tasche.
E ripeto: nessuno fa niente per niente. E le case editrici non a pagamento, il pagamento lo vogliono chissà quando, chissà per cosa (chissà come si chiama il contributo spese di pubblicazione) a meno che, ripeto, non siano più ricchi di Bill Gates.

Sandy85 ha detto...

Mokona, io penso che abbiamo ragione entrambe, cioè io quando dico che chi pubblica a pagamento non ha talento, e tu quando dici che le case editrici normali non si possono accollare le spese di tutti coloro che inviano un manoscritto per essere pubblicati.
Non sono d'accordo solo quando dici:
Quanti libri avrà pubblicato Moccia, prima di diventar famoso (non sto difendendolo, mi fa vomitare)? E la Troisi? O qualsiasi altro scrittore, prima di arrivare in alto?
Moccia è stato letto da idioti fin dall'inizio, o meglio aveva pubblicato negli anni '90, ma non aveva avuto successo. Qualcuno ha ripreso in mano il libro anni dopo e l'ha letto, poi si è sparso a macchia d'olio tramite fotocopie... alla fine si arriva agli ultimi anni nei quali ha avuto il boom di successo, ma non mi pare abbia lavorato granché lui stesso.
La Troisi ha mandato il suo primissimo manoscritto alla Mondadori e, ma che fortuna, l'hanno pubblicato subito. Ringraziamo il signor Dazieri per l' "ottimo lavoro" svolto. Non so quanto sia vero, ma se così stanno le cose, la Mondadori ha pubblicato un'esordiente che all'attivo aveva solo una fanfiction. (A proposito, sarei proprio curiosa di leggere la ficc... ehm, la fanfiction scritta dalla Troisi. Se qualcuno ha info a riguardo può mandarmi il link in qualche modo?)
Altro esempio è l'esordiente Strazzulla, nuovo astro nascente del fantasy, che ha pubblicato il suo primo libro a diciasette anni grazie alla Einaudi.
Esempio di esordiente "non fantasy"? Valentina F., evidente seguace di Moccia, ha pubblicato con Fanucci Editore e pare che, come la Strazzulla, sia agli inizi.
Dopo questi esempi (alquanto scadenti) direi che anche le case editrici normali pubblicano esordienti, anche se magari lo fanno a pagamento perché non è possibile che puntino su certe... ciofeche, visti i nomi citati.

Shaya ha detto...

Sono d'accordo con te, Sandy, su alcune questioni, però non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, proprio come dice mokonamodoki: qualche cosa da salvare tra gli scritti a pagamento c'è. Forse non tutto, ma qualcosina pur si salverà in quella grande "biblioteca".
Una delle cose che mi fa più incavolare forse è il fattore editing. Sarà che da grande voglio fare l'editor, però molte volte, anche per lo scrittore più bravo, è necessario un lavoro di editing, per correggere eventuali inesattezze nella trama o sui personaggi. L'editor è una figura che, teoricamente, dovrebbe stare alla base del lavoro di una casa editrice, ma anche di un testo scritto che deve essere pubblicato.

P.s. "Il vecchio e il mare" ha commentato sentendo alcune parole dell'intervento: << ma chi è che scrive 'ste cavolate? >> xD

Anonimo ha detto...

Salve ragazze.
Vi seguo quando posso dal vecchio sito, e per quel che potrò, proverò a non mancare ai vostri appuntamenti ^^
In genere sono d'accordo con quanto dite nel corso degli interventi, ma, ahimè, qua mi scosto dal vostro pensiero.
Faccio parte di quell'enorme fetta che è finita in libreria dietro pagamento, e per quanto non mi senta una "stella del firmamento", mentirei se dicessi di non sapermela cavare con le parole...
Ora, non voglio dire che tutti coloro che pubblicano dietro pagamento sappiano come si scrive, ma non credo sia giusto dire a priori che l'autore non abbia talento.
Dei miei colleghi (altri autori della mia stessa casa editrice) posso dire che mi meraviglio come non siano già nomi affermati, date le capacità che hanno dimostrato con le loro opere, eppure tutti abbiamo sborsato quei 1000€ per veder pubblicato il proprio libro.
Ovviamente, sono consapevole che esistono abomini che non meritano d'esistere, ma purtroppo non nascono solo ed esclusivamente da case editrici a pagamento; l'ultima assurdità l'ho vista l'altro giorno in libreria: un romanzo scritto interamente in SMSese, pubblicato da un editore non proprio sconosciuto...
Personalmente, non ho contattato le grandi case editrici più che altro perché non mi sentivo all'altezza, e mi sono detta che sarebbe stato meglio provare con qualcosa alla mia portata, piuttosto che cercare di sparare in alto e cadere male... e comunque, dalle ricerche effettuate, ho potuto constatare come ormai tutte le case editrici chiedono un contributo spese; l'unica differenza è il modo in cui lo chiedono...
L'editore che ha in carico il mio romanzo ha chiaramente detto che il contributo da parte mia sarebbe stato l'acquisto di un tot di copie del libro, copie che poi avrei potuto utilizzare come meglio credevo (in effetti, ho semplicemente anticipato l'acquisto per coloro che avrebbero voluto acquistarlo, recuperando il denaro speso per la pubblicazione...), e il costo è stato più che ragionevole...
Inutile girarci intorno: nessuno fa niente per niente. A meno che non si è nomi importanti, nessuno punterà un solo centesimo per chicchessia, e pensare che un'azienda come una casa editrice possa permettersi le spese di pubblicazione (e tutto ciò che sta dietro l'uscita di un libro) per uno sconosciuto, non avendo per certo un guadagno più che importante (e sul prezzo di copertina la percentuale per l'editore è una miseria), credo sia mera utopia...

Chiedo perdono per il papiro, ma a volte sembra che abbia ingoiato puntinedi grammofono, come dice mia madre quando non riesco a smettere di parlare (o scrivere, come in questo caso)=P
Spero di non esser sembrata troppo aggressiva/offensiva/...iva in questo intervento, ma se così è stato chiedo subito scusa ^^
A presto, spero!
Kla

Anonimo ha detto...

Ciao cara,
purtroppo non sono d'accordo con il tuo ragionamento.

Tu parti da un presupposto "etico", per cui la casa editrice lavorerebbe per promuovere talenti. Ma non è sempre così.
La casa editrice, troppo spesso, pubblica coloro grazie ai quali può avere un ritorno economico.
Il solito Moccia, ma anche Melissa P., ne sono un esempio: si dà al pubblico ciò che il pubblico vuole.
Il che non significa che si pubblica CHIUNQUE, significa che si pubblica ciò che è "vendibile"... il che non sempre coincide col talento.

Spostiamo il discorso sulla musica, forse è più comprensibile.
Prendi i Finley. I Finley sono quattro ragazzini che fingono di essere punk (ma non lo sono!), che hanno trovato un produttore perché sono "spendibili": sono carucci, sono finto-ribelli, piacciono alle ragazzine. STOP. Musicalmente parlando non hanno nessun valore.
Hanno talento? No. Sono solo vendibili, come tutte le boyband; quando le ragazzine si stancheranno di loro torneranno nell'oblio.

Poi ci sono altri gruppi, più talentuosi e più interessati a fare una musica meno omologata, che in quanto più "indipendenti", meno fotogenici e tutto quello che vuoi, sono costretti ad auto-prodursi e a mandare demo in giro.
Qui non c'entra il talento, c'entra il valore sul mercato.

Ripenso a tanti, troppi artisti morti poveri in canna perché nessuno, in vita, pensava che valessero una cicca.
Lo stesso Keats, adesso considerato forse IL ROMANTICO inglese per eccellenza, in vita venne stroncato dalla critica senza pietà.

Io non sarei troppo categorica sul: "Tu vai a pagamento perché non hai talento".
Può ben darsi che il genere scelto non sia "di moda", o che il modo di scrivere della persona in questione sia troppo sperimentale per i tempi moderni (ad Emily Dickinson venne consigliato di NON pubblicare. Le sue 1770 poesie ci sono arrivate postume, ed ora è considerata la più grande poetessa americana di tutti i tempi), che il tema sia spinoso o che si pensi che non interesserà. Può darsi, vale a dire, che l'interesse economico prevalga su quello artistico e che, pur in presenza di un buon libro, ci si domandi: "Ma quanto guadagnerei investendo in quest'opera? Mi conviene?". Ormai tutto è mercato, denaro, business, anche la salma mummificata di Padre Pio, per andare a vedere la quale frotte di fedeli - incuranti di peccare di idolatria - pagano fior di quattrini.

Insomma, io non darei alle case editrici una valenza "etica" che troppo spesso non hanno.
Anche loro, come per il cinema o la musica o il teatro (vogliamo parlare dell'Arcuri che recita a teatro?), pensano troppo spesso più al vile denaro che all'arte.
Ogni anno dobbiamo sorbirci il film di De Sica, ma solo perché De Sica vende. Poi magari vai a rovistare nel cinema indipendente e ti accorgi che c'è tanta, tanta gente che De Sica lo fa a strisce, che forse non ha i mezzi ma il talento sì, che nelle grandi sale non arriverà MAI (giusto in qualche rassegna o circolo culturale) perché non si piazza bene sul mercato e non ha un padre che si chiamava Vittorio De Sica.
E nulla esclude che chi parte auto-finanziandosi poi possa trovare un editore che lo supporti adeguatamente.

Come non è vero che tutti quelli che vengono pubblicati hanno talento (troppo spesso si vedono nelle librerie libri di persone famose che non hanno NIENTE da dire, ma hanno solo un nome che vende. Vedi Silvio Muccino o Lory del Santo), così - secondo me - non è nemmeno vero che tutti quelli che devono finanziarsi da soli il talento non ce l'hanno.
Mi sembra troppo dicotomica come situazione per essere credibile ;)

My 2 cents,
SG

Dave ha detto...

Ciao Sandy, incuriosito dal flame con Rocca sono arrivato su questo blog e mi permetto di dire la mia sull'argomento del post.
Qualche mese fa ho avuto un'esperienza con una casa editrice a pagamento che non nomino perché non voglio fare pubblicità. L'editing c'è stato e mi hanno sottoposto quattro bozze prima che approvassi il testo e lo mandassi in stampa.
Nella prima avevano cambiato tutte le virgolette e gran parte delle maiuscole, ho dovuto chiarirmi con lo staff e alla fine hanno detto che l'ultima parola spetta sempre all'autore.
Credo di averli fatti letteralmente sclerare, ma alla fine il risultato è stato buono... ci sono solo delle virgolette aperte e non chiuse in una riga, ma se avessi segnalato anche quello penso che sarebbero venuti a picchiarmi.
In definitiva credo che tu ti sia scordata la terza ipotesi oltre allo scrittore privo di talento e al ragazzotto che si vuole bullare: una persona, magari anche brava, che autofinanzia un suo progetto.
Anch'io ho avuto i miei dubbi, lo ammetto... ma a un certo punto mi sono detto: piuttosto che aspettare cinque anni pago tot euro e metto in porto il progetto in un anno, ammetto comunque che "chi ce la fa" senza queste scappatoie è bravo davvero.
Al di là di tutto questo vorrei comunque che si facesse una distinzione: la casa editrice che pubblica a pagamento qualsiasi tipo di spazzatura e la casa editrice che pubblica a pagamento e ha una sua dignità.
La mia casa editrice prima di approvare il testo si è presa due mesi e ha preparato un contratto tutto sommato accettabile.

Dave